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dai GIORNALI di OGGI

la replica: "faremo subito appello"

Lodo Mondadori: "Fininvest

deve risarcire 750 milioni a Cir"

Il risarcimento per il danno causato dalla corruzione giudiziaria. De Benedetti: "Resa giustizia"

Governance - Dal budget alle politiche di bilancio, la definizione dopo l’ultima assemblea Mediaset, tutti i poteri di Confalonieri

Ecco la delibera con le deleghe, dalla nomina dei direttori agli anchormen

LEGGI LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI MILANO

2009-10-04

Ingegneria Impianti Industriali

Elettrici Antinvendio

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Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

 

L'ARGOMENTO DI OGGI

 

Il Mio Pensiero:

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2009-10-04

CORRIERE della SERA

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2009-10-05

disposto il risarcimento di 750 milioni di euro nei confronti Della holding di De Benedetti

Sentenza Cir-Fininvest: "Berlusconi corresponsabile della vicenda corruttiva"

Le motivazioni: "È da ritenere che ai soli fini civilistici Berlusconi sia corresponsabile della vicenda corruttiva"

Silvio Berlusconi (Eidon)

Silvio Berlusconi (Eidon)

MILANO - Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è "corresponsabile della vicenda corruttiva" alla base della sentenza con cui la Mondadori fu assegnata a Fininvest (il cosiddetto Lodo Mondadori). Lo scrive il giudice Raimondo Mesiano nelle 140 pagine di motivazioni con cui condanna la holding della famiglia Berlusconi al pagamento di 750 milioni di euro a favore della Cir di Carlo De Benedetti. Sentenza contro la quale peraltro la Fininvest presenterà ricorso.

MOTIVAZIONI - "È da ritenere - scrive il giudice -, "incidenter tantum" e ai soli fini civilistici del presente giudizio, che Silvio Berlusconi sia corresponsabile della vicenda corruttiva per cui si procede". La "corresponsabilità" di Silvio Berlusconi, scrive il giudice Mesiano, comporta "come logica conseguenza" la "responsabilità della stessa Fininvest", questo "per il principio della responsabilità civile delle società di capitali per il fatto illecito del loro legale rappresentante o amministratore, commesso nell'attività gestoria della società medesima".

"Si è dimostrata la ingiustizia della sentenza Metta (il giudice che fu corrotto da Cesare Previti ndr) e la sua derivazione causale dalla corruzione del giudice Metta, argomento che resiste in ragione del ruolo primario che ebbe il Metta nella formazione della decisione del collegio all'obiezione della collegialità della sentenza. "Ciò posto - aggiunge il giudice Mesiano - deve rilevarsi che se è vero che la Corte d'Appello di Roma emise una sentenza, a parere di questo ufficio, indubbiamente ingiusta come frutto della corruzione di Metta, nessuno può dire in assoluto quale sarebbe stata la decisione che un collegio nella sua totalità incorrotto avrebbe emesso".

CONTI - Il giudice di Milano scrive anche che "vale osservare che i conti All Iberian e Ferrido erano conti correnti accesi su banche svizzere e di cui era beneficiaria economica la Fininvest. Non è quindi assolutamente pensabile - scrive Mesiano - che un bonifico dell'importo di Usd 2.732.868 (circa tre miliardi di lire) potesse essere deciso ed effettuato senza che il legale rappresentante, che era poi anche amministratore della Fininvest, lo sapesse e lo accettasse". "In altre parole - conclude il giudice -, il tribunale ritiene qui di poter pienamente fare uso della prova per presunzioni che nel giudizio civile ha la stessa dignità della prova diretta (rappresentazione del fatto storico). È, come è noto, la presunzione un argomento logico, mediante il quale si risale dal fatto noto, che deve essere provato in termini di certezza, al fatto ignoto".

05 ottobre 2009

 

 

 

 

L'Idv: "Questa maggioranza non ha ritegno"

Il Pdl: "Disegno eversivo non ci fermerà"

Nota di Gasparri e Cicchitto: "La sentenza sul lodo Mondadori arriva con puntualità sospetta"

Silvio Berlusconi (LaPresse)

Silvio Berlusconi (LaPresse)

ROMA - Parlano di "disegno eversivo". Assicurano che "in Parlamento così come nel Paese, forti di un consenso chiaramente e più volte espresso dagli italiani, il centrodestra proseguirà nella politica del fare e del governare". All'indomani della sentenza che impone a Fininvest di pagare 750 milioni di euro di risarcimento a Cir per la vicenda del lodo Mondadori, e a due giorni dalla decisione della Corte Costituzionale sul lodo Alfano, i capigruppo Pdl al Senato e alla Camera, Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, fanno diffondere una nota contro il tentativo di "delegittimare" l'azione del governo. "La tempistica e i contenuti di una sentenza che a 20 anni dai fatti arriva con sospetta puntualità - afferma la nota - rafforzano l'opinione di quanti, come noi, pensano che vi sia chi sta tentando, con mezzi impropri, di contrastare la volontà democratica del popolo italiano".

RISPETTO SOVRANITA' - "Mentre il governo Berlusconi affronta con energia e consenso largamente maggioritario la realizzazione degli impegni assunti con gli elettori e ogni emergenza, si tenta, vanamente - dicono i capigruppo Pdl in Parlamento - di delegittimarne l'azione. Siamo certi che questo disegno non troverà spazio nelle istituzioni e, che ciascuno nella sua diversa responsabilità, agisca partendo dal presupposto del rispetto della legalità e della sovranità popolare". "Gli attacchi - conclude la nota dei vertici parlamentari del PdL - che fuoriescano dai canoni dell'opposizione democratica, dura ma rispettosa delle Istituzioni, ci portano ad assicurare che, in Parlamento così come nel Paese, forti di un consenso chiaramente e più volte espresso dagli italiani, il centrodestra proseguirà nella politica del fare e del governare, che nessun disegno eversivo potrà sconfiggere".

REAZIONE IDV - Non si fa attendere la replica dell'Italia dei Valori. "I veri eversori sono i capigruppo di Camera e Senato del Pdl. Eversori al soldo di Berlusconi. Cicchitto, Gasparri, Bocchino e Quagliariello si devono vergognare" afferma il capogruppo Idv alla Camera Massimo Donadi. "Urlare all’eversione - aggiunge Donadi - per difendere in parlamento gli interessi privati di Berlusconi, secondo i giudici corresponsabile di corruzione, è un atto gravissimo e senza precedenti. Questa maggioranza non ha ritegno e schiera il parlamento come parte in causa per difendere gli affari del padrone. La sovranità popolare è un prezioso bene collettivo che non può essere usato indegnamente come foglia di fico dal centrodestra per difendere in una causa civile gli interessi patrimoniali del premier a danno di un terzo soggetto". "Sarebbe opportuno - conclude Donadi - che le alte cariche dello Stato, in particolare i presidenti delle Camere, sempre così solerti a stigmatizzare i toni dell'opposizione dell'Idv, intervenissero a difesa del Parlamento".

05 ottobre 2009

 

 

 

Sentenza sul Lodo Mondadori,

Cir vola a Piazza Affari

Gli effetti dopo la decisione dei giudici sul maxi-risarcimento di 750 milioni dovuto da Fininvest

MILANO - La decisione della corte civile di Milano, che ha condannato la Fininvest a pagare 750 milioni di euro a Cir per risarcimento danni causato dalla corruzione giudiziaria nella vicenda del lodo Mondadori, si è abbattuta su Piazza Affari come un uragano. Il titolo Cir poco dopo le 11,00 segna un balzo del 10,7% a 1,60 euro con volumi quadrupli rispetto alla media e pari all'1,6% del capitale. Sulla scia "L'Espresso avanza" dell'1,4% a 1,82 euro.

FININVEST - Sul fronte della galassia Fininvest, Mediaset cede l'1,2% a 4,54 euro, in deciso recupero dai minini dell'avvio a 4,31 euro (-6,3%), mentre passa in positivo Mondadori a +2,9% dopo lo scivolone iniziale del 6,8%. L'altra partecipata dalla Fininvest, Mediolanum, perde un punto percentuale circa in un contesto negativo per tutti i titoli del settore finanziario.

05 ottobre 2009

 

 

 

2009-10-04

la replica: "faremo subito appello"

Lodo Mondadori: "Fininvest

deve risarcire 750 milioni a Cir"

Il risarcimento per il danno causato dalla corruzione giudiziaria. De Benedetti: "Resa giustizia"

ROMA - Fininvest dovrà risarcire Cir del danno patrimoniale da "perdita di chance" di un giudizio imparziale, quantificato in circa 750 milioni (749.955.611,93, per l'esattezza). Lo scrive Cir in una nota, riferendo della sentenza del Tribunale di Milano nella causa civile promossa dalla società contro Fininvest per il risarcimento del danno causato dalla corruzione giudiziaria nella vicenda del 'lodo Mondadori'. Cir ha diritto anche al risarcimento da parte di Fininvest dei danni non patrimoniali, la cui liquidazione "è riservata ad altro giudizio".

DE BENEDETTI - "Dopo quasi vent'anni dalla condotta fraudolenta messa in atto per sottrarre al nostro gruppo la legittima proprietà della Mondadori, finalmente la magistratura, dopo la sentenza che ha confermato definitivamente in sede penale l'avvenuta corruzione di un giudice, ci rende giustizia anche sul piano civile", commenta Carlo De Benedetti, presidente onorario di Cir.

APPELLO - La Fininvest esprime invece "tutta la propria incredulità" e annuncia che farà "subito appello". È, afferma Fininvest in una nota, "una sentenza profondamente ingiusta". "In attesa di conoscerne le motivazioni, la Fininvest ribadisce la correttezza del suo operato, la validità delle proprie ragioni e degli elementi che sono stati addotti per sostenerle". Il presidente della Fininvest, Marina Berlusconi, parla di "verdetto incredibile e sconcertante". "La Fininvest - commenta - ha sempre operato nella massima correttezza e ha dimostrato in modo limpido e inconfutabile la validità delle proprie ragioni. Non posso non rilevare che questa sentenza cade in un momento politico molto particolare. Non posso non rilevare che dà ragione ad un Gruppo editoriale la cui linea di durissimo attacco al presidente del Consiglio, per non dire altro, è sotto gli occhi di tutti. Sbaglia però chi canta vittoria troppo presto. Sappiamo di essere nel giusto e siamo certi che alla fine questo non potrà non esserci riconosciuto".

LA VICENDA - La vicenda Lodo Mondadori si incentrava su presunte sentenze comprate che avevano assegnato il gruppo editoriale di Segrate alla Fininvest nella battaglia legale che nella seconda metà degli anni '80 aveva opposto Silvio Berlusconi al gruppo di Carlo De Benedetti. Nel processo, Berlusconi era stato prosciolto per intervenuta prescrizione.

 

03 ottobre 2009

 

 

 

 

 

 

LA VICENDA MONDADORI - Il lodo arbitrale E la partita giudiziaria civile e penale

La battaglia dei 500 giorni

tra l’Ingegnere e il Cavaliere

Dal ribaltone dell’89 alla mediazione di Ciarrapico

MILANO — Tutto si è concluso a Mila­no, all’hotel Palace con la famosa "sera del Ciarra". Che lui stesso ha ricordato così: "Ah, che sera, quella sera. Le tra­smissioni vennero sospese e a reti unifi­cate alle 23.20 io lessi il comunicato del­l’accordo, con a destra Gianni Letta e Fe­dele Confalonieri, e a sinistra Carlo Ca­racciolo e l'avvocato Ripa di Meana che rappresentava De Benedetti". E’ il 29 aprile 1991 quando, sotto la "stella" di Giuseppe Ciarrapico, l’imprenditore fe­delissimo a Giulio Andreotti, l’Ingegne­re e il Cavaliere Silvio Berlusconi chiu­dono dopo 500 giorni l’estenuante guer­ra di Segrate con un accordo di sparti­zione della casa editrice Mondadori. At­to finale di un negoziato economico-po­litico avviato dopo che la magistratura romana aveva annullato il lodo arbitra­le che dava ragione al gruppo guidato da De Benedetti. Dopo la notte del Ciarra al patron del­la Cir restano la Repubblica, L'Espresso e i quotidiani locali della Finegil, mentre Berlusconi conquista libri e periodici (a cominciare da Panorama) del gruppo di Segrate. Un'intesa obbligata, anche per­ché dopo blitz, sorprese, ribaltoni e con­troribaltoni, sentenze, arbitrati e cause giudiziarie, la stessa casa editrice, tra­sformata in un campo di battaglia, corre ormai il rischio di affondare. E l’ultimo ribaltone è appunto quello del 24 genna­io del 1991, quando la Corte d'appello di Roma dichiara nullo il lodo Mondadori.

Tutto comincia invece alla fine del 1989. Mentre a Milano arriva Michail Gorbaciov, con una decisione a sorpresa la famiglia Mondadori-Formenton con­suma lo strappo con l'alleato De Benedet­ti, decidendo di vendere a Fininvest e schierandosi con Berlusconi e Leonardo Mondadori. Il ribaltone dà inizio alla guerra di Segrate. Che non è la prima fra De Benedetti e Berlusconi. Quattro anni prima il 30 aprile l’Ingegnere conclude con il presidente dell’Iri Romano Prodi l’acquisto della Sme, il fornaio di Stato, ma scatta l’alt di Bettino Craxi sollecita­to da Berlusconi. E poche settimane do­po Pompeo Locatelli presenta la propo­sta della cordata Iar, costituita da Finin­vest e che annovera nelle file anche Baril­la e Ferrero. Alla fine però viene rifatto tutto da capo e si finisce nelle aule di giu­stizia. Tre anni dopo De Benedetti, scon­fitto, chiude il capitolo e vende la sua Bu­itoni alla Nestlè. Ecco dunque il bis. Nel gennaio 1990 il Cavaliere si insedia alla presidenza del­la casa editrice. Ma l'Ingegnere contrat­tacca e chiede al tribunale di Milano il sequestro delle azioni dei Formenton, che non avrebbero rispettato i patti sot­toscritti con la Cir: i Formenton si erano impegnati a vendere a De Benedetti il lo­ro pacchetto, pari al 26% di Amef, la fi­nanziaria che controllava Mondadori. Lo ottiene. Così il tribunale per qualche mese, con i titoli sequestrati ai Formen­ton, determina gli assetti di controllo del gruppo editoriale.

Nel frattempo però si avvia la macchi­na del procedimento arbitrale, che in so­stanza deve rispondere all’interrogativo sulla validità del contratto Formen­ton- De Benedetti. Il giudizio affermati­vo, che annulla il ribaltone a favore di Berlusconi, arriva il 21 giugno 1990, fir­mata dal collegio composto da Carlo Ma­ria Pratis, Natalino Irti e Piero Rescigno. De Benedetti perciò acquista il controllo del 50,3% del capitale ordinario Monda­dori e del 79% delle privilegiate. E Berlu­sconi perde la presidenza, che passa al commercialista Giacinto Spizzico, uno dei quattro consiglieri espressi dal Tribu­nale, gestore delle azioni contestate.

Ma la battaglia non è ancora finita. An­zi. Luca Formenton annuncia: "Faremo ricorso". E la Corte d'Appello di Roma presieduta da Arnaldo Valente, mentre relatore è Vittorio Metta (che nel 1993 lascerà la magistratura per lo studio di Cesare Previti), stabilisce il 24 gennaio 1991 che la decisione degli arbitri è nul­la: una parte dei patti del 1988 tra i For­menton e la Cir è in contrasto con la di­sciplina delle società per azioni, perciò è nullo l'intero accordo, lodo compreso. De Benedetti deve lasciare di nuovo. Ini­zia l’ultimo negoziato. Che si conclude con l’annuncio del "Ciarra" all’hotel Pa­lace. "Ah che sera, quella sera".

Sergio Bocconi

04 ottobre 2009

 

 

 

 

 

Governance - Dal budget alle politiche di bilancio, la definizione dopo l’ultima assemblea

Mediaset, tutti i poteri di Confalonieri

Ecco la delibera con le deleghe, dalla nomina dei direttori agli anchormen

MILANO — Chi comanda in Mediaset? La geografia del pote­re al vertice del gruppo televisi­vo di Silvio Berlusconi è nota ed è pubblica solo nelle sue li­nee generali e comunque nel ri­spetto delle regole di Borsa. Ma ora da un documento interno emerge la ripartizione delle de­leghe ai massimi livelli della holding e nelle sue funzioni ne­vralgiche. E spicca la concentra­zione di potere nelle mani di Fe­dele Confalonieri, il presidente che due anni fa disse a proposi­to del vicepresidente Pier Sil­vio Berlusconi: "Di fatto è lui il capo azienda".

Il documento è il verbale del consiglio di amministrazione di Mediaset che ha attribuito le deleghe (in gran parte confer­mandole) dopo l’assemblea del­lo scorso aprile.

Sono rigorosamente stabiliti i tetti di spesa con firma singo­la (5 milioni l’amministratore delegato Giuliano Adreani, 10 milioni Pier Silvio Berlusconi e 13 Confalonieri), così come le materie oggetto di delega.

Poi però c’è il "pacchetto" Confalonieri, cioè quell’insie­me di poteri quasi ad perso­nam che, da anni, fanno la dif­ferenza. E che non si leggono in nessun bilancio Mediaset, nè comunicato, nè relazione sulla corporate governance.

"Il presidente — è scritto nel verbale del cda — ha la re­sponsabilità complessiva del posizionamento di Mediaset nel sistema economico e politi­co dei paesi di interesse e nel­l’ambito della delega conferita­gli dal consiglio di amministra­zione esercita direttamente i se­guenti poteri...".

Primo e fondamentale: "La definizione delle politiche edi­toriali e delle testate giornalisti­che televisive controllate, ivi compresa la scelta degli uomi­ni che la devono interpretare e attuare". Cioè, per esempio, i direttori dei Tg o i conduttori di programmi di attualità e ap­profondimento giornalistico (come Matrix).

Secondo: "La definizione e l’attuazione delle politiche di comunicazione, delle relazioni istituzionali e degli affari lega­li ", anche in questo caso con la prerogativa della scelta degli uomini. Poi si entra nel campo dei poteri, più specifici ma sem­pre strategici, di "definizione e attuazione delle politiche di bi­lancio e fiscali di Mediaset e del Gruppo; delle attività di controllo interno di Mediaset; gestione della Finanza e dei rap­porti con il mercato finanzia­rio, investitori, azionisti, orga­ni di vigilanza; gestione delle ri­sorse umane". Budget, previ­sioni infrannuali, piani plurien­nali, consuntivi gestionali, bu­siness development, partono tutti dall’ufficio di Confalonie­ri. Sono questioni essenziali nella gestione societaria e la de­lega riguarda sia Mediaset che le controllate. Ovviamente il consiglio di amministrazione deve essere periodicamente in­formato sull’attività di chi ha ri­cevuto deleghe. Come, appun­to, Confalonieri, presidente molto esecutivo che "esercita direttamente — è scritto nella delibera — i poteri" che gli so­no stati attribuiti e che abbia­mo elencato. "La governance è equilibrata e nessuno ha mai forzato i propri poteri - dice un 'vecchio' consigliere Mediaset - , ogni decisione è condivisa e ratificata; il binomio al vertice, poi, è perfetto: il giovane (Pier Silvio) fattura, il meno giovane (Fedele) dirige".

Mario Gerevini

03 ottobre 2009

REPUBBLICA

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2009-10-05

Secondo l'estensore della sentenza, il giudice Raimondo Mesiano, anche il premier

risponde "della vicenda corruttiva". Da qui la ricaduta sull'azienda

Lodo Mondadori: "Berlusconi corresponsabile

Vertici Fininvest non potevano non sapere"

Lodo Mondadori: "Berlusconi corresponsabile Vertici Fininvest non potevano non sapere"

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

MILANO - Silvio Berlusconi è "corresponsabile della vicenda corruttiva" alla base della sentenza con cui la Mondadori fu assegnata a Fininvest. Lo scrive il giudice Raimondo Mesiano nelle 140 pagine di motivazioni con cui condanna la holding della famiglia Berlusconi al pagamento di 750 milioni di euro a favore della Cir di Carlo De Benedetti. "E' da ritenere - scrive il giudice -, 'incidenter tantum' (cioè solo ai fini di questo procedimento, ndr) e ai soli fini civilistici del presente giudizio, che Silvio Berlusconi sia corresponsabile della vicenda corruttiva per cui si procede".

La "corresponsabilità" di Silvio Berlusconi, spiega il giudice Mesiano, comporta "come logica conseguenza" la "responsabilità della stessa Fininvest", questo "per il principio della responsabilità civile delle società di capitali per il fatto illecito del loro legale rappresentante o amministratore, commesso nell'attività gestoria della società medesima".

In definitiva, secondo il tribunale che ha condannato la Fininvest, è impossibile che i vertici della Fininvest ignorassero l'atto di corruzione: "Vale osservare che i conti All Iberian e Ferrido erano conti correnti accesi su banche svizzere e di cui era beneficiaria economica la Fininvest. Non è quindi assolutamente pensabile - scrive Mesiano - che un bonifico dell'importo di Usd 2.732.868 (circa tre miliardi di lire) potesse essere deciso ed effettuato senza che il legale rappresentante, che era poi anche amministratore della Fininvest, lo sapesse e lo accettasse".

"In altre parole - conclude il giudice -, il tribunale ritiene qui di poter pienamente fare uso della prova per presunzioni che nel giudizio civile ha la stessa dignità della prova diretta (rappresentazione del fatto storico). E', come è noto, la presunzione un argomento logico, mediante il quale si risale dal fatto noto, che deve essere provato in termini di certezza, al fatto ignoto".

La sentenza sul lodo Mondadori è stata pubblicata il 3 ottobre. La Fininvest si è messa subito al lavoro per l'appello, e per ottenere un provvedimento sospensivo della condanna, che dispone a carico della società il pagamento di 750 milioni di risarcimento alla Cir di Carlo De Benedetti.

La perdita di chance. Nelle motivazioni pubblicate stamane viene sottolineata l'ingiustizia della sentenza Metta e il fatto che fosse stata emessa in quei termini per via della corruzione del giudice Metta stesso, "argomento che resiste in ragione del ruolo primario che ebbe il Metta nella formazione della decisione del collegio all'obiezione della collegialità della sentenza".

"Ciò posto - scrive il giudice Mesiano - deve rilevarsi che se è vero che la Corte d'Appello di Roma emise una sentenza, a parere di questo ufficio, indubbiamente ingiusta come frutto della corruzione di Metta, nessuno può dire in assoluto quale sarebbe stata la decisione che un collegio nella sua totalità incorrotto avrebbe emesso".

E quindi, "Proprio per questo, appare più aderente alla realtà del caso in esame determinare concettualmente il danno subito da Cir come danno da 'perdita di chance': vale a dire, posto che nessuno sa come avrebbe deciso una Corte incorrotta, certamente è vero che la corruzione del giudice Metta privò la Cir della chance di ottenere da quella corte una decisione favorevole".

(5 ottobre 2009) Tutti gli articoli di politica

 

 

 

 

 

 

Il commento del premier dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza

I capigruppo Pdl al Parlamento: "Un tentativo improprio di contrastare la volontà degli italiani"

Lodo Mondadori, Berlusconi:

"Allibito, è enormità giuridica"

La replica dell'Idv, Donadi: "Sono loro gli eversori, che in Parlamento

difendono solo gli interessi del padrone. Si devono vergognare"

Lodo Mondadori, Berlusconi: "Allibito, è enormità giuridica"

Da sinistra: Bocchino, Cicchitto e Gasparri

ROMA - "Sono letteralmente allibito: è una sentenza al di là del bene e del male, è certamente una enormità giuridica". Silvio Berlusconi commenta per la prima volta la sentenza di primo grado sul Lodo Mondadori, della quale oggi sono state pubblicate le motivazioni. In un comunicato diffuso nel pomeriggio il premier aggiunge: "Sappiano comunque tutti gli oppositori che il governo porterà a termine la sua missione quinquennale e non c'è nulla che potrà farci tradire il mandato che gli italiani ci hanno conferito".

Nella sentenza del tribunale di Milano il Pdl vede, proprio come il premier, "un tentativo, con mezzi impropri, di contrastare la volontà democratica del popolo italiano". "Nessun disegno eversivo potrà sconfiggere il centrodestra", si legge in una nota congiunta sottoscritta dai capigruppo Pdl al Senato ed alla Camera Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, e dai rispettivi vicepresidente vicari, Gaetano Quagliariello e Italo Bocchino. Pronta la replica dell'Idv: "I veri eversori sono i capigruppo del Pdl", che in Parlamento "difendono solo gli interessi di Berlusconi".

"Gli attacchi che fuoriescano dai canoni dell'opposizione democratica, dura ma rispettosa delle istituzioni, ci portano ad assicurare che, in Parlamento così come nel Paese, forti di un consenso chiaramente e più volte espresso dagli italiani, il centrodestra proseguirà nella politica del fare e del governare, che nessun disegno eversivo potrà sconfiggere".

"La tempistica e i contenuti di una sentenza che a 20 anni dai fatti arriva con sospetta puntualità - prosegue la nota congiunta - rafforzano l'opinione di quanti, come noi, pensano che vi sia chi sta tentando, con mezzi impropri, di contrastare la volontà democratica del popolo italiano".

"Mentre il governo Berlusconi affronta con energia e consenso largamente maggioritario la realizzazione degli impegni assunti con gli elettori e ogni emergenza, si tenta, vanamente - dicono i capigruppo Pdl in Parlamento - di delegittimarne l'azione. Siamo certi che questo disegno non troverà spazio nelle istituzioni e, che ciascuno nella sua diversa responsabilità, agisca partendo dal presupposto del rispetto della legalità e della sovranità popolare".

Analoga la posizione di Niccolò Ghedini, deputato del Pdl e avvocato del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: "Una decisione quella sul Lodo Mondadori assolutamente incredibile, infondata in fatto e in diritto. Un tentativo paradossale di rileggere gli atti del processo penale che avevano visto Silvio Berlusconi completamente estraneo a tale vicenda".

La replica dell'Idv. "I veri eversori sono i capigruppo di Camera e Senato del Pdl. Eversori al soldo di Berlusconi. Cicchitto, Gasparri, Bocchino e Quagliariello si devono vergognare". Lo afferma il capogruppo Idv alla Camera Massimo Donadi.

"Urlare all'eversione - aggiunge Donadi - per difendere in parlamento gli interessi privati di Berlusconi, secondo i giudici corresponsabile di corruzione, è un atto gravissimo e senza precedenti. Questa maggioranza non ha ritegno e schiera il Parlamento come parte in causa per difendere gli affari del padrone. La sovranità popolare è un prezioso bene collettivo che non può essere usato indegnamente come foglia di fico dal centrodestra per difendere in una causa civile gli interessi patrimoniali del premier a danno di un terzo soggetto".

(5 ottobre 2009) Tutti gli articoli di politica

 

 

 

 

 

 

L'ANALISI. Berlusconi chiama la politica a difesa del suo patrimonio

Metà del Paese chiamata a sostenrlo per un episodio di corruzione

E il premier trasforma in complotto

un'ordinaria storia di malaffare

di GIUSEPPE D'AVANZO

E il premier trasforma in complotto un'ordinaria storia di malaffare

La politica, per Silvio Berlusconi, è nient'altro che il modo più efficace per accrescere e proteggere il suo business. È sempre stato così fin da quando, neolaureato fuori corso in giurisprudenza, si dà agli affari. Forte di legami politici con le amministrazioni locali e regionali - e qualche "assegno in bocca" - diventa promotore immobiliare. La politica gli consente di tenere a battesimo, fuori della legge, il primo network televisivo nazionale. La collusione con la politica - la corruzione d'un capo di governo e il controllo di ottanta parlamentari - gli permette di ottenere, dal presidente del consiglio corrotto, due decreti d'urgenza e, dal parlamento, una legge che impone il duopolio Rai-Fininvest. Non proprio un prometeo dell'economia, nel 1994 è in rotta e fallito (gli oneri del debito della Fininvest - 4000 miliardi di lire - superano l'utile operativo del gruppo).

Ha perso però i protettori travolti dal malaffare tangentocratico e s'inventa "imprenditore della politica" convertendo l'azienda in partito. E' ancora la politica che gli consente di manomettere, con diciassette leggi ad personam, codici e procedure per evitare condanne penali per un variopinto numero di reati (falso in bilancio, frode fiscale, appropriazione indebita, corruzione) fino all'impunità totale della "legge Alfano" che gli assicura un parlamento diventato bottega sua (domani la Consulta ne vaglierà la costituzionalità).

Non c'è da sorprendersi allora se, condannato oggi al pagamento di un risarcimento di 750 milioni di euro per aver trafugato la Mondadori corrompendo un giudice, Silvio Berlusconi si nasconda ancora una volta dietro il paravento della politica. E' sempre la sua carta jolly per confondere le acque, cancellare i fatti, rendere incomprensibile quel che è accaduto, difendere - dietro le insegne dell'interesse pubblico - il suo interesse personale. Secondo un copione collaudato nel tempo, il premier anche oggi è lì a cantare la favola dell'"aggressione politica al suo patrimonio", dell'"assedio ad orologeria". Evoca, con le parole della figlia Marina (presidente di Mondadori), il "momento politico molto particolare". Piagnucola: "Se è così, chiudo". Minaccia (gli capita sempre quando è a mal partito) che chiamerà alle urne gli elettori, se sarà contrariato. Bisogna dunque dire se c'entra la politica, in questa storia della Mondadori. La risposta è sì, c'entra ma (non è un paradosso) soltanto perché salva Berlusconi dai guai (e non è una novità).

Ricapitoliamo. E' il giugno 2000. Berlusconi è accusato di aver comprato la sentenza che gli ha permesso di mettere le mani sul più grande impero editoriale del Paese scippandolo a Carlo De Benedetti (editore di questo giornale). Per suo conto e nel suo interesse, gliela compra l'avvocato e socius Cesare Previti (poi suo ministro). L'udienza preliminare del "caso Mondadori" ha un esito sorprendente: non luogo a procedere. E' salvo. Il pubblico ministero Ilda Boccassini si appella. La Corte le dà ragione, ma Previti e Berlusconi hanno destini opposti. Per una svista, i legislatori nel 1990 si sono dimenticati del "privato corruttore" aumentando la pena della corruzione nei processi soltanto per il "magistrato corrotto". Correggono l'errore nel 1992, ma i fatti della Mondadori sono anteriori a quell'anno e dunque Berlusconi è passibile della pena meno grave, da due a cinque anni (corruzione semplice), anziché da tre a otto (corruzione in atti giudiziari). Se ottiene le attenuanti cosiddette generiche, può farla franca perché il reato sarebbe estinto. La sentenza del 25 giugno 2001 le concede a Berlusconi, non a Previti che va a processo. Stravagante la motivazione che libera il premier: è vero, Berlusconi ha corrotto il giudice, ma si è adeguato a una prassi d'un ambiente giudiziario infetto e poi l'attuale suo stato "individuale e sociale" (si è appena insediato di nuovo a Palazzo Chigi) merita riguardi. Diciamolo in altro modo. Per i giudici non si possono negare le attenuanti, e quindi la prescrizione, a quell'uomo che - è vero - è un "privato corruttore" perché è "ragionevole" e "logico" che il mandante della tangente al giudice sia lui, ma santiddio oggi governa l'Italia, è ricco, potente, conduce la sua vita in modo corretto, come si fa a mandarlo a processo? Berlusconi potrebbe rinunciare alla prescrizione, affrontare il giudizio, dimostrare la sua estraneità, pretendere un'assoluzione piena o almeno testimoniare e dire perché ha offerto a Previti i milioni da cui attinge per pagare il mercimonio del giudice. Non lo fa, tace, si avvale della facoltà di non rispondere e il titolo indecoroso di "privato corruttore" gli resta appiccicato alla pelle.

Dunque, prima conclusione. La politica di ieri e di oggi non c'entra nulla se si esclude il salvataggio del premier, "privato corruttore". Bisogna riprendere il racconto da qui perché la favola dell'"aggressione politica al patrimonio" di Berlusconi si nutre di un sorprendente argomento: "Il processo non ha mai riguardato la Fininvest che si limitò a pagare compensi professionali a Previti".

Occorre allora mettere mano alle sentenze. C'è un giudice, Vittorio Metta, che già è stato corrotto da Previti per un altro affare (Imi-Sir). Viene designato come relatore dell'affare Mondadori. La designazione è pilotata con sapienza. Scrive le 167 pagine della sentenza in un solo giorno, ventiquattro ore, "record assoluto nella storia della magistratura italiana". In realtà, la sentenza è scritta altrove e da chi lo sa chi: "Da un terzo estraneo all'ambiente istituzionale", si legge nella sentenza di primo e secondo grado. Venti giorni dopo il deposito del verdetto (14 febbraio 1991), la Fininvest (attraverso All Iberian, il "gruppo B very discreet") bonifica a Cesare Previti quasi 2 milioni e 800 mila dollari (3 miliardi di lire). Su mandato di chi? Nell'interesse di chi? "La retribuzione del giudice corrotto è fatta nell'interesse e su incarico del corruttore" scrivono i giudici dell'Appello che condannano Cesare Previti non perché concorre al reato di Vittorio Metta (il giudice), ma perché complice del "privato corruttore" (Berlusconi). "E' la Fininvest - conclude infine la Corte di Cassazione - la fonte della corruzione e pagatrice del pretium sceleris", del baratto che consente a Berlusconi da diciotto anni di avere nella sua disponibilità la Mondadori.

Rimettiamo allora in ordine quel si sa e ha avuto conferma nel lungo percorso processuale, in primo grado, in appello, in Cassazione. Berlusconi è un "privato corruttore". Incarica il socius Previti di corrompere il giudice che decide la sorte e la proprietà della casa editrice. Previti ha "stabilmente a libro paga" Vittorio Metta. Il giudice si fa addirittura scrivere la sentenza. Ottiene "almeno quattrocento milioni" da una "provvista" messa a disposizione dalla Fininvest che "incassa" in cambio la Mondadori.

Questi i nudi fatti che parlano soltanto di malaffare, corruzione, baratterie, di convenienze privatissime e non di politica e mai di interesse pubblico. Di politica parla oggi Berlusconi per salvare se stesso. Come sempre, vuole che sia la politica a tutelare business e patrimonio privati. Per farlo, non rinuncia - da capo del governo e "privato corruttore" - a lanciare una "campagna" che spaccherà in due - ancora una volta - un'opinione pubblica frastornata e disinformata. Berlusconi chiede un'altra offensiva di plagio mediatico con il canone orientale delle tv e dei giornali che controlla e influenza: non convincere, non confutare, screditare. Il premier giunge a minacciare le elezioni anticipate, come se il suo destino fosse il destino di tutti e l'opacità della sua fortuna una responsabilità collettiva. Ripete la solita filastrocca che si vuole "manipolare con manovre di palazzo la vittoria elettorale del 2008 ed è ora che si cominci a esaminare l'opportunità di una grande manifestazione popolare". In piazza, metà del Paese. In difesa di che cosa? Si deve rispondere: in difesa della corruzione che ha consentito a Berlusconi la posizione dominante nell'informazione e nella pubblicità. E perché poi dovremmo tornare a votare? In difesa del suo portafoglio. L'Italia esiste, nelle intenzioni del capo del governo, soltanto se si mobilita a protezione delle fortune dell'uomo che la governa.

(5 ottobre 2009) Tutti gli articoli di politica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2009-10-04

L'azienda di Berlusconi dovrà pagare 750 milioni di euro per il danno patrimoniale

da "perdita di chance" di un giudizio imparziale. La replica: "Ingiusto, faremo appello"

Cir: maxi risarcimento da Fininvest

De Benedetti: sentenza fa giustizia

L'ingegnere: "Stabiliti in modo inequivocabile gli illeciti che mi hanno impedito

di realizzare il progetto industriale che avrebbe creato il primo gruppo editoriale italiano"

Cir: maxi risarcimento da Fininvest De Benedetti: sentenza fa giustizia

Carlo De Benedetti

ROMA - Fininvest è stata condannata dal tribunale di Milano a risarcire Cir del danno patrimoniale da "perdita di chance" di un giudizio imparziale, (in merito al Lodo Mondadori) quantificato in circa 750 milioni (749.955.611,93, per l'esattezza). Ma Fininvest non ci sta: "Sentenza ingiusta, faremo appello".

La Cir. Nella nota della Cir si legge che "è stata depositata oggi la sentenza del tribunale di Milano nella causa civile promossa da Cir, assistita dagli avvocati professor Vincenzo Roppo ed Elisabetta Rubini, contro Fininvest per il risarcimento del danno causato dalla corruzione giudiziaria nella vicenda del lodo Mondadori. La sentenza che ha carattere esecutivo decide che Cir ha diritto al risarcimento da parte di Fininvest del danno patrimoniale da 'perdita da chance' di un giudizio imparziale, quantificato in euro 749.955.611,93; Cir ha diritto al risarcimento da parte di Fininvest anche dei danni non patrimoniali sopportati in relazione alla medesima vicenda. La liquidazione di tali danni è riservata ad altro giudizio".

La sentenza di oggi nasce da quella penale del 2007 nella quale Cesare Previti (legale della Fininvest) e altri vennero condannati per "corruzione in atti giudiziari". In sostanza, allora venne riconosciuto un comportamento fraudolento di persone legate a Finivest contro la Cir. Oggi il gruppo di Berlusconi è chiamato a risarcire i danni causati da quei comportamenti.

"In questo modo - si legge ancora nella nota della Cir - dopo la definitiva condanna penale per corruzione intervenuta nel 2007, anche il giudice civile porta luce su una vicenda che ha inflitto un enorme danno a carico di Cir, ferendo al contempo fondamentali valori di corretto funzionamento del mercato e delle istituzioni. Cir esprime soddisfazione per una sentenza che rende giustizia alla società e ai suoi azionisti".

De Benedetti. La sentenza del Tribunale di Milano "non mi compensa per non aver potuto realizzare il progetto industriale che avrebbe creato il primo gruppo editoriale italiano - scrive l'ingegner Carlo De Benedetti - ma stabilisce in modo inequivocabile i comportamenti illeciti che l'hanno impedito". Per il presidente onorario di Cir "dopo quasi vent'anni dalla condotta fraudolenta messa in atto per sottrarre al nostro gruppo la legittima proprietà della Mondadori - aggiunge De Benedetti - finalmente la magistratura, dopo la sentenza che ha confermato definitivamente in sede penale l'avvenuta corruzione di un giudice, ci rende giustizia anche sul piano civile".

La replica. Ma la Fininvest non ci sta e annuncia che "ricorrerà immediatamente in appello, assolutamente certa che la totale fondatezza delle sue tesi non potrà non essere riconosciuta". Per il presidente della Fininvest, Marina Berlusconi, "si tratta di un verdetto incredibile e sconcertante". "La Fininvest - commenta Marina Berlusconi - ha sempre operato nella massima correttezza e ha dimostrato in modo limpido e inconfutabile la validità delle proprie ragioni. Non posso non rilevare che questa sentenza cade in momento politico molto particolare. Non posso non rilevare che dà ragione ad un Gruppo editoriale la cui linea di durissimo attacco al presidente del Consiglio, per non dire altro, è sotto gli occhi di tutti. Sbaglia però chi canta vittoria troppo presto. Sappiamo di essere nel giusto e siamo certi che alla fine questo non potrà non esserci riconosciuto".

La vicenda processuale. Cesare Previti, nel 2007, venne condannato (a titolo definitivo) a un anno e mezzo di reclusione al termine del secondo processo d'appello celebrato a Milano nell'ambito del caso lodo-Mondadori. La Terza corte d'appello di Milano aveva accolto tutte le richieste di condanna avanzate dal sostituto pg Pietro De Petris anche per gli altri imputati. La pena più alta era stata per il giudice Vittorio Metta, condannato a 2 anni e 9 mesi di reclusione in continuazione con i 6 anni riportati per Imi-Sir. L'avvocato Attilio Pacifico aveva invece subito la stessa condanna di Cesare Previti, mentre l'avvocato Giovanni Acampora era stato condannato a 1 anno e 6 mesi. L'assoluzione dei quattro imputati dal parte della Corte d'appello di Milano era stata annullata dalla Cassazione che aveva disposto un nuovo processo.

In particolare il giudice Metta, secondo l'accusa, sarebbe stato corrotto dagli altri imputati per annullare, attraverso una sentenza di cui fu relatore, il lodo arbitrale che assegnava a Carlo De Benedetti il controllo azionario della Mondadori, a favore di Silvio Berlusconi. Non a caso, all'inizio del processo l'ex presidente del Consiglio figurava tra gli imputati, ma nel 2001 la Cassazione stabilì nei suoi confronti la prescrizione dei reati contestati.

(3 ottobre 2009)

 

 

 

 

Lodo Mondadori, le tappe

della vicenda giudiziaria

ROMA - Ecco le tappe principali della vicenda giudiziaria per il Lodo Mondadori che oggi ha visto il Tribunale civile di Milano emettere una provvedimento di condanna contro la Fininvest che dovrà versare a Cir circa 750 milioni a titolo di risarcimento per danno patrimoniale.

4 ottobre 2001. Davanti ai giudici della quarta sezione del tribunale di Milano comincia il processo per il Lodo Mondadori. Imputati sono Cesare Previti, Attilio Pacifico, Vittorio Metta e Giovanni Acampora. A giugno, i giudici della quinta sezione della Corte d'Appello di Milano hanno ritenuto che nei confronti di Silvio Berlusconi è ipotizzabile il reato di corruzione semplice e, grazie alla concessione delle attenuanti generiche, questo reato è stato dichiarato prescritto.

28 gennaio 2002. Il processo Imi-Sir, cominciato nel 2000, è riunito con quello sul Lodo Mondadori.

29 aprile 2003. La Corte di Appello di Milano condanna a 13 anni Vittorio Metta, 11 anni Cesare Previti e Attilio Pacifico, 8 anni e 6 mesi Renato Squillante, 6 anni Felice Rovelli, 5 anni e 6 mesi Giovanni Acampora, 4 anni e 6 mesi Primarosa Battistella. Assolto Filippo Verde.

7 gennaio 2005. Comincia a Milano, davanti alla seconda Corte d'appello, presieduta da Roberto Pallini, il processo di secondo grado per i casi Imi-Sir e Lodo Mondadori.

23 maggio 2005. I giudici confermano la condanna di Cesare Previti per la sola vicenda Imi-Sir, assolvendolo per quella Lodo Mondadori. Previti e Attilio Pacifico hanno avuto una riduzione della condanna da undici a sette anni. Riduzioni delle pene per gli altri imputati: Vittorio Metta da 13 a 6 anni, Renato Squillante da 8 anni e 6 mesi a 5 anni, Felice Rovelli da 6 a 3 anni, Primarosa Battistella da 4 anni e 6 mesi a 2 anni.

Per la vicenda Lodo Mondadori l'avvocato Giovanni Acampora, Metta, Pacifico e Previti sono stati assolti "perché il fatto non sussiste".

4 maggio 2006. Per la vicenda Imi/Sir, la Corte di Cassazione riduce a 6 anni la condanna per Previti e Pacifico, conferma la condanna a 6 anni per Metta, riduce la pena per Acampora a 3 anni e 8 mesi, annulla senza rinvio la condanna per Squillante e Battistella e considera prescritta l'accusa per Felice Rovelli. Per il lodo Mondadori, la Cassazione accoglie il ricorso della Procura Generale di Milano e della parte civile Cir, contro le assoluzioni del maggio 2005.

18 dicembre 2006. Davanti alla terza sezione della Corte d'appello di Milano, comincia il nuovo processo d'appello per il lodo Mondadori.

23 febbraio 2007. I giudici condannano Previti, Acampora e Pacifico ad un anno e 6 mesi, Metta a due anni e otto mesi. Le condanne vanno aggiunte in continuazione con quelle del processo Imi-Sir, ormai diventate definitive.

3 ottobre 2009. La I sezione del Tribunale di Milano dà ragione ha dichiarato che la Cir ha diritto al risarcimento di 750 milioni da parte di Fininvest per il danno patrimoniale da 'perdita di chance' subito nella vicenda per la 'battaglia di Segrate'. Il provvedimento civile è arrivato alla luce dalla definitiva condanna penale per corruzione del 2007.

(3 ottobre 2009)

 

 

 

 

 

L'UNITA'

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2009-10-05

Berlusconi "corresponsabile di corruzione"

La sentenza sul lodo Mondadori, che condanna la holding della famiglia Berlusconi al pagamento di 750 milioni di euro a favore della Cir di Carlo De Benedetti e definisce il premier "corresponsabile di corruzione", agita il dibattito nella maggioranza: chi urla al golpe, chi è tentato dalla piazza e chi, forse lo stesso Berlusconi, si interroga sulla possibilità di tornare alle urne per cercare una nuova legittimazione popolare.

Nei giorni scorsi alcuni importanti esponenti del centrodestra, dal capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto al coordinatore del Pdl Sandro Bondi, avevano parlato della necessità di scendere in piazza per protestare contro la sentenza del giudice Raimondo Mesiano e a difesa del patrimonio personale del premier. "Di fronte al nuovo attacco concentrico nei confronti del presidente del Consiglio", aveva dichiarato Bondi, "occorre che il nostro partito e l'intera maggioranza che sostiene l'attuale governo, prendano in esame con urgenza la necessitá di organizzare una grande manifestazione popolare con l'obiettivo di difendere la democrazia e la libertá nel nostro Paese".

Col passare delle ore però si fa strada un'altra ipotesi: il ritorno alle urne. Già durante il mese di giugno, quando il rapporto dei forzisti con Fini si era fatto sempre più complicato e Berlusconi sembrava sull'orlo del baratro a seguito degli scandali sulla prostituzione e le feste a Villa Certosa, si era fatta strada la tentazione della rottura della maggioranza. Cercare nelle urne una nuova legittimazione popolare per deviare l'attenzione dagli affari personali del premier, mettere un punto a capo nell'agenda politica e magari vincere nuovamente le elezioni con una maggioranza ancora più omogenea e allineata dell'attuale. L'ipotesi è tornata d'attualità in questi giorni, mentre la sentenza Mondadori e quella prossima sul lodo Alfano rischiano di infliggere un ulteriore colpo alla leadership del presidente del consiglio.

Non è un mistero, infatti, che Silvio Berlusconi veda nella sentenza sul lodo Alfano il crocevia del suo governo: se la Corte dovesse bocciare la misura che gli garantisce l'immunità, l'ipotesi di tornare immediatamente al voto è tutto meno che remota. Roberto Calderoli, nel corso di un'intervista rilasciata al Corriere della Sera, lo dice senza mezzi termini. "Se c’è un colpo di Stato, perché si impedisce di governare a chi è stato eletto e ha rivin­to le elezioni anche alle scorse Europee, noi non siamo affatto disponibili a subi­re. La risposta da dare è una sola, ed è concreta: bisogna chiamare a raccolta i cittadini, e farli esprimere con il voto". Gli u uomini più vicini al premier si sentono confortati dai sondaggi, secondo cui la popolarità di Berlusconi non avrebbe risentito granché degli scandali e delle polemiche degli ultimi mesi. "Quando il premier va a all'Aquila o a Messina", ha spiegato Gaetano Quagliarello, "viene applaudito, lo accolgono come un salvatore". Il presidente della Camera Gianfranco Fini, però, frena sull'ipotesi di un governo tecnico: "Nel nostro sistema, la maggioranza è quella che esce dalle urne. Non a caso gli elettori che hanno votato nelle ultime politiche hanno trovato sulla scheda il nome del candidato premier".

05 ottobre 2009

 

 

 

 

 

 

2009-10-04

Lodo Mondadori, Fininvest dovrà risarcire De Benedetti per 750 milioni

Fininvest dovrà risarcire a Cir un danno patrimoniale di 750 milioni di euro. La notizia è stata data dalla stessa Cir in una nota, e si riferisce alla sentenza del Tribunale di Milano nella causa civile promossa dalla società contro il gruppo di Berlusconi relativa alla vicenda del Lodo Mondadori. La causa riguarda il risarcimento del danno causato dalla corruzione giudiziaria.

"Dopo quasi vent'anni dalla condotta fraudolenta messa in atto per sottrarre al nostro gruppo la legittima proprietà della Mondadori, finalmente la magistratura, dopo la sentenza che ha confermato definitivamente in sede penale l'avvenuta corruzione di un giudice, ci rende giustizia anche sul piano civile", commenta Carlo De Benedetti, presidente onorario di Cir.

La vicenda Lodo Mondadori si incentrava su presunte sentenze comprate che avevano assegnato il gruppo editoriale di Segrate alla Fininvest nella battaglia legale che nella seconda metà degli anni '80 aveva opposto Silvio Berlusconi al gruppo di Carlo De Benedetti. Nel processo, Berlusconi era stato prosciolto per intervenuta prescrizione.

La Fininvest "esprime tutta la propria incredulità di fronte alla sentenza del Tribunale Civile di Milano". "Una sentenza profondamente ingiusta - si legge in una nota a commento della sentenza odierna del Tribunale di Milano - In attesa di conoscerne le motivazioni, la Fininvest ribadisce la correttezza del suo operato, la validità delle proprie ragioni e degli elementi che sono stati addotti per sostenerle". La Fininvest "ricorrerà immediatamente in appello, assolutamente certa che la totale fondatezza delle sue tesi non potrà non essere riconosciuta"

03 ottobre 2009

il SOLE 24 ORE

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2009-10-05

Lodo Mondadori: per il giudice Berlusconi "è corresponsabile"

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5 ottobre 2009

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi (a sinistra) con Carlo De Benedetti (Imagoeconomica/Giuseppe Carotenuto)

Berlusconi: "Enormità giuridica, ma vado avanti 5 anni"

DOCUMENTI / Il testo integrale della sentenza

Informazione ed escort: Pdl in piazza per Berlusconi

Lodo Mondadori: Fininvest chiederà sospensione sentenza

Lodo Mondadori: Fininvest dovrà risarcire 750 milioni alla Cir di De Benedetti

DOCUMENTI

Il dispositivo finale della sentenza civile sul Lodo Mondadori

La storia del Lodo Mondadori

Il bilancio 2008 di Fininvest

Nel 2007 la conferma della Cassazione per la condanna penale a Cesare Previti

Commenta la notizia

Silvio Berlusconi è "corresponsabile della vicenda corruttiva" alla base della sentenza con cui la Mondadori fu assegnata a Fininvest. Lo scrive il giudice Raimondo Mesiano nelle 140 pagine di motivazioni con cui condanna la holding della famiglia Berlusconi al pagamento di 750 milioni di euro a favore della Cir di Carlo De Benedetti. "È da ritenere - scrive il giudice - 'incidenter tantum' e ai soli fini civilistici del presente giudizio, che Silvio Berlusconi sia corresponsabile della vicenda corruttiva per cui si procede".

"Per mero scrupolo motivazionale - spiega ancora il giudice - è qui da aggiungere che la responsabilità della convenuta è qui impegnata perché la condotta del Berlusconi è stata all'evidenza posta in essere nell'ambito dell'attività gestoria di Fininvest, e cioè nell'ambito della cura degli interessi di quest'ultima".

Il giudice, nelle motivazioni della sentenza, scrive che "vale osservare che i conti All Iberian e Ferrido erano conti correnti accesi su banche svizzere e di cui era beneficiaria economica la Fininvest. Non è quindi

assolutamente pensabile - scrive Mesiano - che un bonifico dell'importo di Usd 2.732.868 (circa tre miliardi di lire) potesse essere deciso ed effettuato senza che il legale rappresentante, che era poi anche amministratore della Fininvest, lo sapesse e lo accettasse".

"In altre parole - conclude il giudice -, il tribunale ritiene qui di poter pienamente fare uso della prova per presunzioni che nel giudizio civile ha la stessa dignità della prova diretta (rappresentazione del fatto storico). È, come è noto, la presunzione un argomento logico, mediante il quale si risale dal fatto noto, che deve essere provato in termini di certezza, al fatto ignoto".

La stima del risarcimento. "Complessivamente - scrive inoltre il giudice - il danno patrimoniale si compone della somma di 284.051.294 euro a titolo di danno derivante dalle condizioni deteriori alle quali fu pattuita la spartizione del gruppo L'Espresso-Mondadori rispetto alle condizioni di una trattativa non inquinata dalla corruzione del giudice Metta. A questa somma si aggiungono 8.207.892 euro per danno da spese legali sostenute, e altri 20.658.276 euro per danno da lesioni dell'immagine imprenditoriale dell'attrice (la Cir, ndr)".

L'importo complessivo di 312.917.463 euro, secondo il giudice, "deve essere rivalutato dalla data di commissione dell'illecito che va fatta coincidere con quella del deposito della sentenza del 1991 della Corte d'Appello di Roma ed addizionata di interessi compensativi medi per un totale in moneta attuale di 543.750.834 euro per capitale e 393.693.680 euro per interessi compensativi medi e così per l'importo complessivo di 937.444.514 euro oltre ad interessi legali dal giorno della presente pronuncia al saldo".

Se questi sono i danni patrimoniali complessivi, il giudice ricorda però che la Cir "ha ragione" nella misura in cui, la corruzione di Metta ha reso imparziale il collegio che annullò il lodo arbitrale nel 1991 e quindi il danno subito è un danno cosiddetto "da perdita di chance". Vale a dire, spiega il giudice "posto che nessuno sa come avrebbe deciso una Corte incorrotta, certamente è vero che la corruzione del giudice Metta privò la Cir della chance di ottenere da quella Corte una decisione favorevole". Per questo il giudice ha riconosciuto alla Cir l'80% della somma quantificata in 937.444.514 euro che è pari a 749.955.611 euro.

5 ottobre 2009

 

 

 

 

Berlusconi: "Sono allibito, ma vado avanti"

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5 ottobre 2009

È "letteralmente allibito" il presidente del Consiglio dalla decisione della magistratura sul Lodo Mondadori. "È una sentenza al di là del bene e del male" dice Silvio Berlusconi in una nota, "è certamente una enormità giuridica. Sappiano comunque tutti gli oppositori che il governo porterà a termine la sua missione quinquennale e non c'è nulla che potrà farci tradire il mandato che gli italiani ci hanno conferito".

Il Pdl è pronto far quadrato attorno a Silvio Berlusconi e attende con il fiato sospeso il giudizio della Consulta sul Lodo Alfano.

In caso di bocciatura totale o parziale, la posizione non cambia: linea dura contro le "quotidiane aggressioni" al premier.

I presidenti del gruppo Pdl al Senato e alla Camera Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, e i rispettivi vicepresidenti vicari, Gaetano Quagliariello e Italo Bocchino sostengono: "la tempistica e i contenuti di una sentenza che a 20 anni dai fatti arriva con sospetta puntualità, rafforzano l'opinione di quanti, come noi, pensano che vi sia chi sta tentando, con mezzi impropri, di contrastare la volontà democratica del popolo italiano". In una nota sottolineano come il Governo Berlusconi stia affrontando "con energia e consenso largamente maggioritario la realizzazione degli impegni assunti con gli elettori e ogni emergenza". Mentre si tenta "vanamente di delegittimarne l'azione". Si tratta di attacchi, prosegue la nota "che fuoriescono dai canoni dell'opposizione democratica, dura ma rispettosa delle Istituzioni". Ma il centrodestra, assicurano "forte di un consenso chiaramente e più volte espresso dagli italiani" proseguirà "nella politica del fare e del governare, che nessun disegno eversivo potrà sconfiggere".

Già subito dopo le polemiche sul cosiddetto lodo Mondadori, il capogruppo alla Camera del partito, Fabrizio Cicchitto, aveva parlato della possibilitá di organizzare una grande manifestazione del Popolo della libertá. Proposta, che resta in piedi anche se non è stata individuata nè una data nè una location.

Intanto il presidente della Camera Gianfranco Fini ribadisce che "la maggioranza è quella che esce dalle urne". E, parlando agli studenti dell'università Federico II a Napoli, aggiunge: "chi attacca gli arbitri imparziali previsti dal nostro sistema dimostra scarsa sensibilità istituzionale". Fini ritiene che mettere mano alla riforma della legge elettorale senza preoccuparsi delle conseguenze sulla tenuta del sistema e senza procedere alla riforma del governo sia una scorciatoia pericolosa.

Il ministro per le Riforme, Umberto Bossi non pensa "che andremo al voto", comunque, precisa "noi siamo sempre pronti anche se penso che andremo avanti a fare le riforme".

Il leader della Lega, a Trucazzano (Milano), è intervenuto per una ispezione su una futura grande opera che collegherà Milano via acqua al Po. E alla domanda se c'è un complotto contro Berlusconi ha replicato: "è un problema di mafia. Abbiamo fatto leggi fortissime contro la mafia, quindi il rischio era che se la pigliassero con Berlusconi. Le prostitute le muove la mafia". Quando gli è stato chiesto se contro Berlusconi si muove anche la magistratura ha replicato: "non so, non penso".

Dal Pd Pier Luigi Bersani riflette: "il presidente del Consiglio in questo momento è ancora in grado di afferrare il presente, di dominarlo, ma non promette un orizzonte". E quanto alle ipotesi di governo del presidente o elezioni anticipate, sottolinea che "le sorti del Parlamento sono in mano al presidente della Repubblica: qui si mette il punto e ci si ferma".

Dall'opposizione a rilanciare l'ipotesi di un governo del Presidente è Francesco Rutelli. "Se dovesse cadere il governo Berlusconi -dice- sarebbe opportuno un governo istituzionale che affronti i problemi degli italiani anzichè andare a uno scontro terrificante". L'ex sindaco di Roma non risponde alla domanda se un governo istituzionale dovrebbe essere guidato da Draghi "oggi c'è un presidente del Consiglio, se cade io starò tra quelli che dicono: anzichè scatenare uno scontro incendiario che non affronta i problemi italiani, mettiamo in primo piano questi problemi".

"In un momento di crisi come questo andare ad elezioni anticipate sarebbe una cosa che la gente non capirebbe", avverte Emma Marcegaglia. "Abbiamo bisogno di un governo che governi, che faccia le iniziative che servono, quindi auspico che questo (le elezioni anticipate, ndr) non succeda", dice ancora la presidente di Confindustria, che precisa di non essere "d'accordo con logiche al di fuori delle maggioranze che hanno vinto le elezioni". Confindustria, spiega Emma Marcegaglia "è da sempre per il bipolarismo, perchè chi ha vinto governi e chi non ha vinto faccia opposizione seria". L'auspicio è che "la situazione governativa rimanga quella che è e che soprattutto ci sia la possibilità di fare le riforme di cui il Paese ha bisogno".

5 ottobre 2009

 

 

 

 

 

 

2009-10-04

Fininvest: "Chiederemo

la sospensione della sentenza"

4 OTTOBRE 2009 

Lodo Mondadori: Fininvest dovrà risarcire 750 milioni

alla Cir di De Benedetti

De Benedetti: fatta giustizia

La storia del Lodo Mondadori, vent'anni di Italia

DOCUMENTI / La sentenza civile sul Lodo Mondadori

Il bilancio 2008 di Fininvest

Nel 2007 la conferma della Cassazione per la condanna penale a Cesare Previti

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"Faremo subito appello", ha fatto sapere Finivest alla luce della sentenza del Tribunale Civile di Milano sulla vicenda del Lodo Mondadori. I legali della società sono pronti a depositare un'istanza di sospensione dell'esecutività della sentenza con cui ieri il Tribunale ha condannato la società a versare, a titolo di risarcimento, quasi 750 milioni di euro alla Cir di Carlo De Benedetti.

È questa la decisione filtrata nelle ulitime ore dal collegio di avvocati di Fininvest che depositeranno la richiesta sospensiva solo dopo la lettura delle motivazioni del provvedimento e che contano di avere in mano già domani mattina. Così nei prossimi giorni il pool di legali della società di via Paleocapa dovrebbe deposiare alla Corte di Appello civile l'istanza per bloccare l'esecutività della sentenza "con buone argomentazioni da spendere in punto di diritto". In attesa di conoscerne le motivazioni, la Fininvest ha ribadito in una nota "la correttezza del suo operato, la validità delle proprie ragioni e degli elementi che sono stati addotti per sostenerle", definendo il provvedimento "una sentenza profondamente ingiusta".

I legali entrano nel merito della vicenda e la descrivono in questo modo: in una dichiarazione il professore Romano Vaccarella, legale della Fininvest ed ex giudice della Corte Costituzionale è partito dal concetto di "perdita di chance di un giudizio imparziale" che è alla base del la decisione del risarcimento dovuto a Cir, per affermare:"Nel nostro caso anche se a conclusione di un processo che il giudice unico di Milano ritiene non imparziale, la Corte d'Appello di Roma emise una sentenza che diede torto alla Cir: se questa sentenza fosse ingiusta, il danno per la Cir deriverebbe dalla sentenza e non certamente dal fatto che il giudizio non è stato imparziale; se, invece, questa sentenza avesse dato giustamente torto alla Cir, non vi sarebbe alcun danno patrimoniale nonostante la non imparzialità del processo".

 

In pratica, commenta Vaccarella, "la sentenza del giudice unico del Tribunale di Milano sembra abbia voluto eludere il nodo della causa: non potendo dire che il contenuto della sentenza che diede torto alla Cir è stato frutto di corruzione, riconosce un abnorme risarcimento per la perdita della possibilitá di un processo imparziale, anche se conclusosi con una sentenza che non si osa dire che abbia ingiustamente dato torto alla Cir. Insomma, la Cir aveva torto, ma ha perso la chance di farsi dare ingiustamente ragione, e quindi le va riconosciuto più di quello che avrebbe ottenuto se avesse davvero avuto ragione!".

 

Nel frattempo la vicenda ha già acceso il dibattito politico. "Si apre una settimana nella quale qualcuno coltiva la speranza di una manovra a tenaglia contro Silvio Berlusconi - ha detto Daniele Capezzone, portavoce del Pdl -. Il primo tempo si è consumato ieri con il verdetto di primo grado sul Lodo Mondadori, il secondo tempo si compirebbe con il giudizio della Consulta sul Lodo Alfano. Obiettivi? Per un verso un colpo violento contro Fininvest e Mediaset, e per altro verso un colpo altrettanto pericoloso contro il Governo. Ci sono ambienti che puntano su questo combinato disposto per tentare di sovvertire le decisioni politiche liberamente e democraticamente prese dagli elettori, che hanno scelto Berlusconi e il Pdl. Ma chi ha queste mire si illude: il Governo è saldissimo, e gli italiani non hanno alcuna intenzione di farsi scippare dai soliti ambienti che puntano al potere anche senza avere il consenso popolare".

Non si fa attendere la risposta dell'opposizione: "Urla scomposte. Gridare al complotto o alla giustizia a orologeria, ogni qual volta avvengono sentenze non gradite al premier, è tipico di chi ha una concezione del diritto e dello Stato al quanto pericolosa - afferma Alessandro Pignatiello, coordinatore della segreteria nazionale del Pdci -. Dal Pdl meno senso del ridicolo e più serietá non guasterebbe".

4 OTTOBRE 2009 

 

 

 

 

Lodo Mondadori: Fininvest dovrà risarcire 750 milioni a De Benedetti

3 ottobre 2009

Silvio Berlusconi e Cesare Previti in una foto del novembre 1999 (Ansa)

De Benedetti: giustizia dopo quasi vent'anni

La storia del Lodo Mondadori, vent'anni di Italia

DOCUMENTI / La sentenza civile sul Lodo Mondadori

Il bilancio 2008 di Fininvest

Nel 2007 la conferma della Cassazione per la condanna penale a Cesare Previti

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"La Cir ha diritto al risarcimento da parte di Fininvest del danno patrimoniale da 'perdita di chance' quantificato in circa 750 milioni". Lo scrive una nota che fa capo al Gruppo De Benedetti riferendo i contenuti della sentenza del Tribunale di Milano nella causa civile promossa contro la Fininvest per il risarcimento del danno causato dalla corruzione giudiziaria nella vicenda del Lodo Mondadori.

Nella nota si legge che "è stata depositata oggi la sentenza del tribunale di Milano nella causa civile promossa da Cir, assistita dagli avvocati prof. Vincenzo Roppo ed Elisabetta Rubini, contro Fininvest per il risarcimento del danno causato dalla corruzione giudiziaria nella vicenda del Lodo Mondadori. La sentenza che ha carattere esecutivo decide che Cir ha diritto al risarcimento da parte di Fininvest del danno patrimoniale da perdita da chance di un giudizio imparziale, quantificato in euro 749.955.611,93; Cir ha diritto al risarcimento da parte di Fininvest anche dei danni non patrimoniali sopportati in relazione alla medesima vicenda. La liquidazione di tali danni è riservata ad altro giudizio.

In questo modo, dopo la definitiva condanna penale per corruzione intervenuta nel 2007, anche il giudice civile porta luce su una vicenda che ha inflitto un enorme danno a carico di Cir, ferendo al contempo fondamentali valori di corretto funzionamento del mercato e delle istituzioni. Cir esprime soddisfazione per una sentenza che rende giustizia alla società e ai suoi azionisti".

 

La sentenza del Tribunale di Milano "non mi compensa per non aver potuto realizzare il progetto industriale che avrebbe creato il primo gruppo editoriale italiano, ma stabilisce in modo inequivocabile i comportamenti illeciti che l'hanno impedito" scrive l'ingegner Carlo De Benedetti, presidente onorario di Cir, commentando il pronunciamento del Tribunale nell'ambito della vicenda del lodo Mondadori. "Dopo quasi vent'anni dalla cosiddetta fraudolenta messa in atto per sottrarre al nostro gruppo la legittima proprietà della Mondadori - afferma - finalmente la magistratura, dopo la sentenza che ha confermato definitivamente in sede penale l'avvenuta corruzione di un giudice, ci rende giustizia anche sul piano civile".

Fininvest: "Faremo subito appello". La Fininvest "esprime tutta la propria incredulità di fronte alla sentenza del Tribunale Civile di Milano. Una sentenza profondamente ingiusta". E' quanto afferma la società in una nota, annunciando ricorso immediato in appello. "In attesa di conoscerne le motivazioni - si legge - la Fininvest ribadisce la correttezza del suo operato, la validità delle proprie ragioni e degli elementi che sono stati addotti per sostenerle. La Fininvest ricorrerà immediatamente in appello, assolutamente certa che la totale fondatezza delle sue tesi non potrà non essere riconosciuta".

3 ottobre 2009

 

 

 

 

 

De Benedetti: giustizia dopo quasi vent'anni

3 ottobre 2009

Carlo De Benedetti in una conferenza stampa dello scorso gennaio (Ansa)

"Dopo quasi vent'anni dalla condotta fraudolenta messa in atto per sottrarre al nostro Gruppo la legittima proprietà della Mondadori, finalmente la Magistratura, dopo la sentenza che ha confermato definitivamente in sede penale la avvenuta corruzione di un giudice, ci rende giustizia anche sul piano civile". Così il presidente onorario di Cir, Carlo De Benedetti, commenta la decisione presa oggi dal Tribunale di Milano sul Lodo Mondadori.

"La sentenza del Tribunale di Milano, depositata oggi, che liquida a favore di Cir la somma di 750 milioni di euro di danno patrimoniale - ricorda ancora De Benedetti - non mi compensa per non aver potuto realizzare il progetto industriale che avrebbe creato il primo gruppo editoriale italiano, ma stabilisce in modo inequivocabile i comportamenti illeciti che l'hanno impedito".

3 ottobre 2009

 

 

 

 

La storia del Lodo Mondadori

3 ottobre 2009

"Dai nostri archivi"

Milan in vendita ai libici? Fininvest smentisce contatti

I giudici: Mills fu corrotto per proteggere Berlusconi. Il premier: è uno scandalo

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Dalla fine degli anni Ottanta la Fininvest di Silvio Berlusconi acquisisce progressivamente quote della Arnoldo Mondadori Editore. Nel 1988, acquistando le azioni di Leonardo Mondadori, Fininvest dichiara che da quel momento in poi prenderà un ruolo di primo piano nella gestione della società editoriale. L'editrice, quindi, è in mano a tre soggetti, la Fininvest di Silvio Berlusconi, la CIR di Carlo De Benedetti e la famiglia Formenton (gli eredi di Arnoldo Mondadori). De Benedetti non approva la volontà di Berlusconi di amministrare personalmente la società e stipula un'alleanza con la famiglia Formenton, che decide di vendere a De Benedetti le sue azioni entro il 30 gennaio 1991.

Ma nel novembre 1989 la famiglia Formenton cambia idea e si schiera dalla parte di Berlusconi, consentendogli di insediarsi come nuovo presidente della compagnia il 25 gennaio 1990; De Benedetti protesta, forte dell'accordo scritto stabilito pochi mesi prima con i Formenton, ma i vari schieramenti non trovano un accordo soddisfacente per tutti e decidono quindi unanimemente di ricorrere ad un lodo arbitrale.

I tre arbitri sono scelti di comune accordo da De Benedetti, i Formenton e la Corte di Cassazione. Il 20 giugno 1990 si ha il primo verdetto: l'accordo tra De Benedetti e i Formenton è ancora valido a tutti gli effetti, le azioni Mondadori devono tornare alla CIR. Silvio Berlusconi, allora, lascia la presidenza Mondadori e i suoi dirigenti Fininvest lo imitano, venendo rimpiazzati da quelli dell'ingegner De Benedetti (Carlo Caracciolo, Antonio Coppi e Corrado Passera).

Ma Berlusconi e i Formenton non gettano la spugna: impugnano il lodo arbitrale davanti alla Corte di Appello di Roma, che stabilisce che ad occuparsi del caso sarà la I sezione civile, presieduta da Arnaldo Valente e con giudice relatore Vittorio Metta. Il 14 gennaio del 1991 si chiude la camera di consiglio e la sentenza viene depositata e resa pubblica il 24 gennaio, cioè 10 giorni dopo la chiusura della camera di consiglio. La sentenza annulla il precedente verdetto del lodo arbitrale e consegna nuovamente le azioni della Mondadori in mano alla Fininvest di Berlusconi.

Ma direttori e dipendenti di alcuni giornali si ribellano al nuovo proprietario; nella vicenda interviene l'allora presidente del consiglio Giulio Andreotti che convoca le parti e le invita a trovare un accordo di transazione: è così che "la Repubblica", "L'Espresso" e alcuni giornali periodici locali tornano alla CIR, mentre "Panorama", "Epoca" e tutto il resto della Mondadori restano alla Fininvest, che riceve anche 365 miliardi di lire di conguaglio.

Nel 1995, in seguito ad alcune dichiarazioni di Stefania Ariosto, antiquaria milanese vicina agli ambienti di Forza Italia, la magistratura inizia a indagare sulla genuinità della sentenza della Corte di Appello di Roma. Stefania Ariosto dichiara che sia il giudice Arnaldo Valente che il giudice Vittorio Metta erano amici intimi di Cesare Previti e frequentavano la sua casa. Inoltre la Ariosto testimoniò di aver sentito Previti parlare di tangenti a giudici romani. Il pool di giudici milanesi si mise in moto e riuscì a rintracciare dei sospetti movimenti di denaro che andavano dalla Fininvest ai conti esteri degli avvocati Fininvest – fra i quali Cesare Previti - e da questi arrivarono al giudice Metta.

Cesare Previti parlò di quelle somme definendole come ricompensa per semplici servizi e prestazioni professionali che in qualità di avvocato di Finivest egli avrebbe svolto. Il giudice si difese asserendo di aver ricevuto una importante somma di denaro in eredità.

Il 19 giugno 2000 il gup di Milano Rosario Lupo proscioglie dall'accusa di concorso in corruzione "perché il fatto non sussiste" Silvio Berlusconi, gli avvocati Cesare Previti, Attilio Pacifico e Giovanni Acampora e il giudice romano Vittorio Metta. Il 26 settembre la Procura di Milano impugna il proscioglimento. Il 25 giugno 2001 la quinta sezione della Corte d'Appello di Milano emette la sentenza sul ricorso e proscioglie Silvio Berlusconi per intervenuta prescrizione, perché i fatti contestatigli risalgono al 1991, mentre rinvia a giudizio Previti, Pacifico, Acampora e Metta, tutti accusati di concorso in corruzione in atti giudiziari. Il proscioglimento di Berlusconi viene confermato dalla Cassazione il 17 novembre 2001.

A gennaio 2002 il processo Lodo Mondadori é riunito a quello Imi-Sir.

La Corte di Cassazione nel luglio 2007 ha stabilito la condanna di Previti, Pacifico e Acampora a 1 anno e 6 mesi di reclusione, mentre Vittorio Metta a 1 anno e 9 mesi. Oggi il Tribunale di Milano ha emesso la sentenza nella causa civile promossa dalla società Cir contro Fininvest, condannata a pagare 375 milioni di euro come risarcimento al danno causato dalla corruzione giudiziaria nella vicenda. Cir ha diritto anche al risarcimento da parte di Fininvest dei danni non patrimoniali, la cui liquidazione "è riservata ad altro giudizio". (Rielaborazione da Wikipedia)

3 ottobre 2009

 

 

 

 

 

Lodo-Mondadori: la Cassazione conferma la condanna per Previti

14 luglio 2007

La II Sezione penale della Cassazione, dopo otto ore di consiglio, ha confermato la sentenza d'appello del processo Lodo-Mondadori per Cesare Previti, Giovanni Acampora, Attilio Pacifico e l'ex giudice Vittorio Metta.

 

Per effetto della bocciatura dei ricorsi gli imputati sono stati condannati a pagare le spese processuali e a rifondere le parti civili con 38 mila euro complessivi.

In particolare Cesare Previti nella sentenza d'appello del 23 febbraio 2007, era stato condannato ad un anno e sei mesi, così come Attilio Pacifico e Giovanni Acampora. L'ex giudice, Vittorio Metta, era stato condannato invece a due anni e otto mesi

Cesare Previti attualmente è era affidato al servizio sociale, ma adesso torna agli arresti domiciliari. Il magistrato di sorveglianza del tribunale di Roma ha emesso una sospensione provvisoria dell'affidamento in prova ai servizi sociali di cui beneficiava l'esponente di Forza Italia. La decisione rimarrà effettiva fino a quando non verrà 'pareggiata' la soglia dei tre anni, che limitano la concessione

dei benefici previsti dall'indulto. Previti, per questo, rimarrà sottoposto alla misura cautelare per poco meno di tre settimane.

Al centro del processo, una somma di 400 milioni di vecchie lire che il giudice Metta, secondo l'accusa, avrebbe ricevuto dagli altri imputati per annullare con la sentenza, emessa il 24 gennaio 1991 dalla Corte d'appello di Roma e di cui egli stesso fu relatore, il lodo arbitrale che aveva assegnato alla Cir di Carlo De Benedetti il controllo del gruppo editoriale di Segrate. Anche Silvio Berlusconi inizialmente era stato coinvolto nel procedimento, ma nel 2001 la Cassazione confermò nei suoi confronti l'intervenuta prescrizione del reato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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